LA TERRA DEL LAMBRUSCO


 
“Loro cercan là la felicità dentro a un bicchiere per dimenticare d’esser stati presi per il sedere.
Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte, porteran sul viso l’ombra d’un sorriso tra le braccia della Morte.”
Fabrizio De André 
 

Il terreno argilloso della pianura padana 

Composti d’argilla compatta, buona parte dei terreni della bassa pianura padana, nei secoli, non sono stati di grande aiuto all’esercizio dell’agricoltura. Ancora oggi questa è una delle caratteristiche da combattere. È merito del duro lavoro dell’uomo se l’ambiente, contrariamente alla natura che l’aveva reso paludoso a causa dei numerosi corsi d’acqua, è migliorato grazie alla creazione di tante canalizzazioni di scolo, alla difesa degli eccessi idrologici, alle tecniche colturali e agli ordinamenti zootecnico-cerealicoli studiati per contrastare il carattere negativo dell’eccessiva argillosità. 
 
I terreni di pianura appartengono alle alluvioni del pleistocene e dell’olocene, mentre quelli collinari e montani, cretacei ed eocenici, sono molto ricchi di componenti finissimi e colloidali. I terreni di pianura sono quasi privi di scheletro grossolano che, al contrario, è spesso presente nei terreni coltivati di collina e montagna, in forma di frammenti brecciosi, che possono ostacolare le normali operazioni colturali.
 

Una terra argillosa che ha pregi e difetti  

La caratteristica principale di questi terreni agrari è la forte presenza d’argilla: oltre la metà (53,9%) della superficie agricola utilizzata è classificata «argillosa», in piccola parte (7,4%) sabbiosa, mentre quella restante (38,7%) si può definire di «medio impasto», ma sempre tendente all’argilloso.
In sostanza, l’argilla – che rappresenta le difficoltà dell’agronomia poiché, per le proprietà chimico-fisiche che regolano i rapporti acqua-terreno, determina un’elevata capacità idrica ma anche difficoltà di sgrondo e frigidità dello strato coltivabile – necessita di arature assolutamente in temperatura e irrigazioni dosate e tempestive. 
   

Gli elementi nutrizionali delle argille e la buona fertilità

Queste argille, però, se da un lato richiedono tecniche agronomiche particolari, legate alla loro natura fisica, dall’altro presentano buone doti d’elementi nutrizionali, quali azoto, fosforo, potassio e calcio. Pur nella variabilità determinata dall’ambiente e dagli interventi agronomici, questi terreni agrari possono considerarsi di buona fertilità. 
 

Tipologie di terreno

In sostanza, potrebbero identificarsi nei seguenti tre tipi rappresentativi:
terreni sciolti, di colorazione gialla o rossastra, poveri di calce e spesso anche di fosforo totale, localizzati nella fascia pedecollinare ma anche ad altimetrie più elevate; terreni di medio impasto, ottimi sotto il profilo fisico e chimico, perché originati dalle alluvioni dei fiumi localizzati nella media pianura; e i terreni argillosi, molto compatti ma chimicamente ben dotati e fertili, i quali costituiscono la maggior parte della pianura.
 

La posizione & Il regime termo-pluviometrico della Pianura Padana

Le provincie di Modena e Reggio, al centro dell’Emilia, hanno tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenze non lievi sono indotte dal fatto che per metà si sviluppano nella regione collinare e montuosa. La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde e inverni rigidi. I venti umidi del sud giungono qui generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria.

L’andamento termo-pluviometrico della collina e della montagna, invece, pur risentendo dell’esposizione, resta più condizionato dall’altimetria, che determina progressione delle precipitazioni e diminuzione delle temperature, dalle quote più basse a quelle più elevate. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica e alle precipitazioni piovose confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima, caratterizzato da una piovosità mal distribuita, con massimi in primavera e in autunno, che rappresentano un pericoloso eccesso idrologico, e due minimi in inverno e in estate, che sono una grave carenza.  

Per quanto concerne la piovosità in particolare, l’ambiente della pianura modenese presenta valori sempre più bassi rispetto alla restante pianura emiliana, soprattutto nei mesi estivi, tanto che la pluviometria naturale non copre mediamente più della metà del fabbisogno idrico delle colture agrarie. Sotto questo profilo, la parte della provincia che si estende in collina e in montagna è nettamente più favorita, in quanto si può stimare che l’incremento altimetrico comporti un aumento delle precipitazioni estive di 50 mm. per ogni 500 metri di quota. L’aspetto negativo che presenta la pluviometria condiziona tutta la produttività dell’agricoltura padana, che può esprimere il suo limite superiore solamente con l’ausilio dell’irrigazione.
 

Articolo tratto dal libro “La rivincita del Lambrusco” di Sandro Bellei, Aliberti Compagnia Editoriale